Per una rivoluzione gentile

Per una rivoluzione gentile

Tratto dal volume Ama i tuoi nemici, di Sharon Salzberg e Robert Thurman

Come sarebbe vivere in una società in cui ci impegniamo con tutte le nostre forze per impedire le prepotenze e difendere i vulnerabili, cercando di capire le cause dell’aggressività? E se, per rompere il ciclo, adottassimo un comportamento del tutto non violento? E se, invece che affrettarci a punire e denigrare gli aggressori, ascoltassimo le loro storie? In questo modo potremmo individuare la punizione più adatta e affrontare le cause del comportamento e le condizioni che l’hanno reso possibile.

Che cosa accadrebbe se fosse il crimine a provocare il nostro sdegno e non la persona che l’ha commesso? E se, invece d’indignarci in silenzio, rivolgessimo la nostra collera al sistema che ha contribuito a creare persone così frustrate, sole e rabbiose?

Quando non otteniamo ciò che vogliamo proviamo rabbia, ma il principio dell’azione trasformativa richiede un pensiero più creativo. Impariamo che è possibile rispondere alla sofferenza e alla paura senza ira o risentimento. Di fronte alle ingiustizie o alla crudeltà è naturale provare indignazione. Tuttavia, se la rabbia diventa una presenza costante, il nostro campo percettivo e d’azione si restringe considerevolmente.

Poiché la rabbia, proprio come la paura, rende più angusto il nostro punto di vista, dobbiamo imparare a notarla appena sorge in noi, senza lasciare che essa diventi la ragione primaria della nostra ricerca di un cambiamento. Se il nostro obiettivo è mettere fine a un conflitto e fermare la violenza, allora la rabbia — a prescindere dalla sua ragionevolezza — non ci offre gli strumenti adatti a lungo termine, considerata l’incertezza, la speranza, la sofferenza e l’avversità che caratterizzano il tentativo di cambiare il mondo.

Tendiamo a considerare il pacifismo un po’ come la gentilezza e l’empatia, ovvero una forma di debolezza. Ma in questo modo perdiamo l’occasione di comprendere la vera natura della forza. È possibile impegnarsi con totale dedizione per fermare la violenza, le ingiustizie e proteggerne le vittime e, al contempo, stemperare la rabbia con la compassione. (…)

Nell’attivismo trasformativo non vi è soluzione di continuità tra la vita interiore e l’espressione dei propri valori nel mondo. Grazie a questa strategia possiamo nutrire le nostre comunità e creare delle opportunità di crescita morale e spirituale invece che un aumento della violenza. Albert Einstein diceva che “scatenare il potere dell’atomo ha cambiato ogni cosa, eccetto il nostro modo di pensare […]”. Il modo in cui le nostre opinioni e le nostre idee sull’esistenza sono di estrema importanza, e la quantità di amore che manifestiamo determina il senso di libertà che possiamo portare negli eventi della vita e l’ampiezza del nostro orizzonte. Serve grande consapevolezza e intuizione e una buona dose di coraggio per abbandonare i modi abituali di guardare alle cose e agire a partire da premesse differenti.

Cosa accadrebbe se ci liberassimo del desiderio che gli altri ci ritengano sempre nel giusto o, in altri termini, se rinunciassimo a lasciarci guidare dalla mera forza dell’abitudine, abbandonando l’esigenza di dimostrarci sempre allineati all’opinione altrui, e cercassimo invece di praticare l’insegnamento del Buddha secondo il quale l’odio viene meno solo grazie all’amore?

Alzare la voce per zittire il prossimo e rispondere con ostilità all’ostilità potrebbe venirci spontaneo, ma non fa altro che risucchiare tutte le nostre energie. Classificare le persone in base a categorie rigide, come assolutamente buone o cattive, giuste o sbagliate, aumenta il nostro senso di sicurezza — almeno temporaneamente — ma ci impedisce di entrare veramente in relazione con gli altri, lasciandoci addosso un senso d’incomprensione e solitudine. Esplorare prospettive inedite sul mondo ci aiuta a scoprire modalità nuove per esprimere i nostri sentimenti in maniera onesta, senza danneggiare noi stessi né coloro che ci circondano. Siamo pronti a compiere un cambiamento globale che ci allontani dall’ostilità tipica dell’opposizione “Noi contro Loro” per passare da un mondo dominato dall’idea che “se non sei con me, sei contro di me, e quindi sei mio nemico” a un mondo caratterizzato invece da un’interconnessione sempre crescente (grazie a Internet), in cui la diversità sia un valore e si cerchino soluzioni creative e non violente ai conflitti sociali e politici.

È giunta l’ora di lasciarsi alle spalle l’idea che il rifiuto di adottare un atteggiamento ostile sia un segno di debolezza e rassegnazione. Siamo pronti a una visione diversa della forza e a un approccio nuovo per migliorare la vita su questo pianeta.

Praticare la generosità

Dana, la generosità, è la prima delle sei paramita, o perfezioni che un bodhisattva coltiva sulla via dell’illuminazione perché è il fondamento su cui si sviluppano tutte le altre virtù.
La generosità offre molti benefici:
 
  • purifica la mente dai desideri egoistici e dall’attaccamento ai beni materiali,
  • permette l’accumulazione di meriti
  • crea karma positivo
  • permette di sviluppare la saggezza che comprende natura interdipendente di tutte le cose e la vacuità (shunyata)
  • dona felicità e soddisfazione, dando un senso di scopo e significato alla vita

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