A proposito di karma

A proposito di karma

Tratto dal commentario di Sua Santità il XIV Dalai Lama alla Lampada sul sentiero per l’illuminazione di Atisha

Il fondamento per mettere in pratica l’abbandono delle non virtù e l’accumulo delle azioni virtuose è la comprensione della relazione fra le cause e i risultati. Qualunque fenomeno funzionante deve la sua esistenza alle proprie cause e condizioni; dovremmo generare certezza a questo riguardo. Anche le persone che non hanno studiato filosofia, e perfino gli animali, possono distinguere le cause immediate della sofferenza o della felicità. Tutti gli esseri senzienti, a prescindere dalla loro educazione, possono riconoscere un risultato piacevole e uno spiacevole, e quindi possono ottenere l’uno ed evitare l’altro conoscendone le cause immediate.

Esistono tuttavia cause più sottili e remote che non sono così evidenti, ma che in realtà costituiscono le cause fondamentali dei risultati di felicità e sofferenza. Le ramificazioni più sottili e vaste delle cause e dei loro risultati non sono accessibili alla nostra percezione, sia in termini di esperienza diretta sia di logica. Per comprendere questo livello più sottile di causalità, occorre affidarsi alle spiegazioni corrette della realtà esposte da una persona attendibile, ossia qualcuno che abbia l’esperienza e la piena capacità di comprendere la realtà nascosta delle azioni e dei loro risultati. A questo riguardo, una persona attendibile può essere soltanto una persona illuminata.

Quando si considera il principio di causa ed effetto e s’indagano le possibili cause remote delle esperienze di felicità o di sofferenza del presente, gli strumenti a disposizione degli esseri ordinari non sono adeguati. Soltanto un essere illuminato può discernere con estrema chiarezza le cause specifiche della felicità o della sofferenza che hanno determinato un particolare evento e quindi, grazie alla sua chiara visione della realtà, può indagare e percepire la causa specifica di una sofferenza o di una felicità presente, oppure può prevedere quali saranno i risultati di una particolare azione compiuta nel presente. Solamente un buddha ha la capacità di conoscere le circostanze esatte di una specifica azione che ha prodotto un determinato risultato, perché i vari modi dell’evoluzione sottile del karma sono fenomeni molto nascosti. Non è corretto, in ogni modo, accettare un significato letterale soltanto per il fatto che l’ha affermato il Buddha.

Come ho spiegato prima, il Buddha Vittorioso in alcune occasioni spiegò che i fenomeni non esistono per natura propria, mentre in altre asserì l’esistenza per natura propria; inoltre, in particolari circostanze affermò l’esistenza di un sé, vale a dire, di un possessore degli aggregati separato dagli aggregati stessi. Tali spiegazioni vanno interpretate tenendo conto delle particolari necessità e circostanze in cui furono esposte, perciò non sono significati che vanno accettati in senso letterale. Non è sufficiente basarsi sul mero significato letterale. Il modo corretto di comprendere il significato delle affermazioni del Vittorioso è di esaminare se quel significato sia convalidato da ragioni incontrovertibili e dall’esperienza diretta dei dati sensoriali.

Il Buddha spiegò determinati aspetti della realtà che sono oggetti della percezione sensoriale diretta degli esseri senzienti, perciò è possibile appurare se tali insegnamenti siano veritieri o no accertando un’eventuale contraddizione fra le sue asserzioni e la propria esperienza diretta. D’altro canto, vi sono aspetti degli insegnamenti del Buddha che, non appartenendo alla sfera dell’esperienza sensoriale, non si possono accertare direttamente: la validità di tali argomenti è verificabile unicamente per mezzo della logica, usando il ragionamento e la deduzione. Esistono infine ulteriori fenomeni che, non solo non sono percettibili con l’esperienza sensoriale, ma non si possono neppure cogliere con gli strumenti della logica; non si tratta di aspetti che possono essere dedotti in quanto, a causa della loro sottigliezza, si sottraggono a tali strumenti. La legge di causa ed effetto, nei suoi aspetti più sottili e remoti, appartiene a questa categoria di fenomeni.

È necessario dunque ricorrere ad altro mezzo, che consiste nel verificare la correttezza delle asserzioni negli altri campi trattati dalla persona autorevole, in questo caso il Buddha. Nel momento in cui si accerta che le altre asserzioni espresse dal Buddha in realtà sono veritiere, in quanto non contraddette dalla percezione sensoriale né dal ragionamento logico, si può riconoscere che tali aspetti più sottili dell’insegnamento sono altrettanto veritieri, in virtù di un tipo di accertamento definito “deduzione per via della attendibilità o autorevolezza”. Accertando così che la legge di causa ed effetto è un insegnamento corretto, si abbandonano le azioni non virtuose con la chiara consapevolezza che da esse deriveranno risultati di sofferenza.

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Praticare la generosità

Dana, la generosità, è la prima delle sei paramita, o perfezioni che un bodhisattva coltiva sulla via dell’illuminazione perché è il fondamento su cui si sviluppano tutte le altre virtù.
La generosità offre molti benefici:
 
  • purifica la mente dai desideri egoistici e dall’attaccamento ai beni materiali,
  • permette l’accumulazione di meriti
  • crea karma positivo
  • permette di sviluppare la saggezza che comprende natura interdipendente di tutte le cose e la vacuità (shunyata)
  • dona felicità e soddisfazione, dando un senso di scopo e significato alla vita

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