La figura della madre riveste un’importanza universale, rappresentando in molte culture e religioni la fonte primaria di nutrimento, protezione e amore.
Nel contesto del Buddhismo Tibetano, il concetto di madre acquisisce una specificità e una complessità notevoli, estendendosi oltre il ruolo biologico e familiare per abbracciare metafore spirituali profonde, figure storiche venerate e potenti divinità tantriche.
Nel cuore degli insegnamenti buddhisti, la figura della madre emerge come una potente metafora per illustrare la compassione sconfinata che i praticanti sono esortati a coltivare verso tutti gli esseri senzienti. La maternità è identificata come la metafora più appropriata per descrivere il Buddha e i suoi insegnamenti. Le qualità intrinsecamente associate alle madri, come l’amore incondizionato, il sacrificio di sé e la profonda compassione per i propri figli, vengono utilizzate per rendere comprensibile l’aspirazione buddhista a estendere tali sentimenti a ogni essere vivente. Tuttavia, mentre l’amore di una madre è tipicamente diretto verso la sua prole, il Buddha esorta i suoi seguaci ad amare tutti gli esseri in modo equanime.
Se da un lato l’abnegazione e la cura di una madre sono viste come un esempio di dedizione altruistica, dall’altro l’attaccamento che spesso accompagna questo amore è considerato una fonte di sofferenza, in linea con gli insegnamenti fondamentali del Buddhismo. Proprio per superare questo attaccamento, una prospettiva chiave nel Buddhismo Tibetano è quella di considerare “tutti gli esseri senzienti come madri”. Questa concezione implica che nel corso delle innumerevoli vite passate, ogni essere che incontriamo ha ricoperto quel ruolo. Tale consapevolezza viene coltivata attraverso specifiche pratiche meditative, come quella del “riconoscimento come madre” (mar shes), diffusa nella tradizione buddista tibetana, che mira a energizzare e ispirare il desiderio di ripagare la loro gentilezza aiutandoli, beneficiandoli, amandoli e perdonandoli.
I sutra buddhisti offrono diverse prospettive sulla figura materna, spaziando dalla celebrazione del suo amore e della sua gentilezza all’utilizzo della maternità come analogia per concetti spirituali elevati. Il Karaniyametta Sutta, un testo fondamentale che esorta alla coltivazione dell’amorevole gentilezza, presenta una similitudine particolarmente toccante: “Come una madre proteggerebbe con la sua vita il suo unico figlio, così con un cuore sconfinato si dovrebbe nutrire affetto per tutti gli esseri viventi”. Questa potente immagine trasmette l’intensità e la profondità dell’amorevole gentilezza (metta) che i praticanti buddhisti dovrebbero sviluppare verso ogni forma di vita.
Il Sutra sulla Pietà Filiale approfondisce in modo dettagliato le molteplici forme di gentilezza di una madre e sottolinea la difficoltà di ripagare tale debito. Il testo elenca dieci tipi di gentilezza materna, tra cui la protezione e la cura durante la gravidanza, la sopportazione della sofferenza del parto, la dimenticanza del dolore dopo la nascita, la preferenza per il benessere del figlio rispetto al proprio, la volontà di dormire nel bagnato pur di lasciare il figlio all’asciutto, l’allattamento e la crescita del bambino, la pulizia delle sue impurità, il pensiero costante quando il figlio è lontano, la profonda cura e devozione e, infine, la compassione e la simpatia supreme. Ad esempio, riguardo alla gentilezza di sopportare la sofferenza del parto, il sutra afferma (tradotto): “La gravidanza dura dieci mesi lunari e culmina in un travaglio difficile all’avvicinarsi della nascita. Nel frattempo, ogni mattina la madre è gravemente malata e durante ogni giorno assonnata e letargica. La sua paura e agitazione sono difficili da descrivere; dolore e lacrime le riempiono il petto. Dolorosamente dice alla sua famiglia che teme solo che la morte la colga”.
Un altro testo importante è il Padre e Madre Sutra, che eleva il ruolo dei genitori all’interno della famiglia, equiparandoli a figure venerabili come Brahmā, i primi maestri e coloro che sono degni di offerte. Questo sutra sottolinea come i genitori, dal punto di vista della famiglia, siano come Brahmā, i primi insegnanti, degni di ogni dono dei loro figli, umani e divini. Il sutra esorta i saggi a venerarli, a rendergli il dovuto onore, a provvedere loro cibo e bevande, vestiti e un letto, a ungerli, a lavarli e anche a lavare i loro piedi. La difficoltà di ripagare la gentilezza dei genitori è ulteriormente evidenziata in altri sutra. Si afferma che anche portare la propria madre su una spalla e il proprio padre sull’altra per cento anni, provvedendo a ogni loro bisogno fisico, non sarebbe sufficiente a ripagare il loro debito. Tuttavia, si può ripagare la loro gentilezza stabilendoli nella virtù, nella saggezza e nella fede nel sentiero spirituale.
Nei testi tantrici del Buddhismo Tibetano, la figura della madre assume ulteriori dimensioni simboliche e spirituali. Un concetto centrale è quello di Prajnaparamita, la “Madre di tutti i Buddha”. Prajnaparamita, la Perfezione della Saggezza Trascendente, è vista come la fonte ultima da cui emergono tutti i Buddha, simboleggiando la saggezza non duale che conduce all’illuminazione. Come afferma la Aṣṭasāhasrikā Prajñāpāramitā Sūtra, Prajnaparamita è la “Grande Madre” che dà nascita a tutti i Buddha, e questi ultimi “devono la loro esistenza” a lei. Il Dà zhìdù lùn (Grande Commentario sulla Prajnaparamita) si riferisce a Prajnaparamita come alla madre dei Buddha, sottolineando come il ruolo della madre sia maggiore di quello del padre in questo contesto.
Nel contesto del tantra, il termine “Yum” (Madre) assume un significato specifico all’interno della rappresentazione dello Yab-Yum, l’unione simbolica tra una divinità maschile (“Yab”, Padre) e la sua consorte femminile (“Yum”, Madre). In questa unione, “Yum” simboleggia il principio femminile e la saggezza (prajna), mentre “Yab” rappresenta la compassione (karuna) e i mezzi abili (upaya). L’abbraccio tra Yab e Yum simboleggia l’unione indissolubile di questi due aspetti essenziali per il raggiungimento dell’illuminazione.
Un’altra categoria importante sono i Tantra Madre, che costituiscono una tradizione esoterica significativa nel Buddhismo Tibetano, in particolare nella scuola Bon.
Questi tantra enfatizzano la fase di completamento (rdzogsrim) della pratica tantrica e sono associati alla saggezza e alla chiarezza della Natura Primordiale. Secondo la tradizione Bon, i Tantra Madre sono attribuiti a figure primordiali come Kuntu Zangpo (Samantabhadra) e si distinguono per la loro rappresentazione dell’aspetto maschile come vuoto e dell’aspetto femminile come chiarezza, invertendo la polarità tipica di altri testi tantrici.
Il simbolismo della figura materna
Il simbolismo legato alla figura materna nel Buddhismo Tibetano è ricco e stratificato, trascendendo la semplice relazione biologica per toccare concetti filosofici e spirituali profondi. L’archetipo della Grande Madre è strettamente connesso alla nozione di vacuità (shunyata) e alla pura potenzialità da cui emerge l’intero universo fenomenico. Questa “Grande Madre” simboleggia la base di tutta l’esistenza, la matrice primordiale che contiene in sé il potenziale per ogni manifestazione.
Il principio femminile, incarnato dalla figura della Dakini (“colei che danza nel cielo” o “colei che si muove nello spazio”), svolge un ruolo cruciale nella realizzazione spirituale. La Dakini è una manifestazione femminile dell’energia illuminata, capace di apparire in diverse forme e simboleggia la saggezza intuitiva, la trasformazione interiore e la capacità di superare gli ostacoli spirituali. Figure come Tara, spesso affettuosamente chiamata “Madre Tara”, sono considerate incarnazioni della saggezza e della compassione pienamente risvegliate, pronte a soccorrere coloro che le invocano. Tara è vista come la “Madre di tutti i Buddha” e rappresenta la saggezza che porta alla liberazione.
Nel Buddhismo Vajrayana, un altro importante aspetto del simbolismo materno è rappresentato dalle Cinque Madri Buddha (Yum lnga), le consorti dei Buddha dei Cinque Famiglie. Queste figure femminili personificano le diverse sfaccettature della saggezza illuminata, manifestandosi nelle cinque direzioni cosmiche e rappresentando l’aspetto femminile della saggezza in unione con l’aspetto maschile della compassione.
Figura Materna | Ruolo/Significato Simbolico |
Prajnaparamita | Madre di tutti i Buddha, Perfezione della Saggezza Trascendente, fonte dell’illuminazione |
Yum (in Yab-Yum) | Principio femminile, saggezza (prajna), unione con la compassione per l’illuminazione |
Tara | “Madre Tara”, incarnazione della saggezza e della compassione pienamente risvegliate, salvatrice, protettrice |
Dakini | Manifestazione femminile dell’energia illuminata, saggezza, trasformazione, rottura degli ostacoli spirituali |
Cinque Madri Buddha | Consorti dei Buddha dei Cinque Famiglie, personificazioni della saggezza illuminata nelle diverse direzioni cosmiche |
Maya | Madre biologica del Buddha, figura idealizzata ma non illuminata al momento della morte |
Mahaprajapati Gautami | Madre adottiva del Buddha, prima monaca buddista, figura chiave nello stabilire l’ordine monastico femminile |
Grande Madre | Archetipo connesso alla vacuità e alla potenzialità, base dell’esistenza |
La storia del Buddhismo Tibetano include figure materne di grande significato. Maya, la madre biologica del Buddha Shakyamuni, è una figura spesso idealizzata nelle narrazioni e nelle rappresentazioni artistiche. Tuttavia, secondo la tradizione, Maya morì solo sette giorni dopo la nascita del Buddha, senza aver raggiunto l’illuminazione in questa vita.
Un ruolo ancora più centrale è ricoperto da Mahaprajapati Gautami, la sorella minore di Maya che allevò il Buddha dopo la morte della madre biologica. Mahaprajapati Gautami è venerata come la prima monaca buddista e ha svolto un ruolo cruciale nello stabilire il primo ordine monastico femminile (Bhikshuni), nonostante l’iniziale resistenza da parte del Buddha. La sua determinazione e la sua perseveranza nel perseguire il sentiero spirituale per sé e per altre donne rappresentano un esempio fondamentale dell’agency femminile all’interno della storia del Buddhismo. Oltre a queste figure, i testi buddhisti menzionano anche altre madri significative, come la madre del Bodhisattva e la madre di Dharmasvamin, sebbene con un rilievo minore.
In sintesi, la figura della madre nel Buddhismo Tibetano si rivela un concetto profondamente stratificato e ricco di significati. Essa funge da metafora centrale per illustrare la compassione universale, è presente in modo significativo nelle scritture sia sutra che tantra, è intrisa di un simbolismo complesso che spazia dall’archetipo della Grande Madre alle potenti Dakini e alle Cinque Madri Buddha, e viene interpretata e analizzata criticamente dalle prospettive degli studiosi contemporanei. La rilevanza di questo concetto per una comprensione più profonda della filosofia e della pratica buddista è innegabile, invitando a una visione del mondo interconnessa e compassionevole, in cui la gentilezza e la cura materna sono estese a tutti gli esseri senzienti. Le storie di figure materne storiche come Maya e Mahaprajapati Gautami, insieme alle riflessioni degli studiosi moderni, evidenziano l’evoluzione del ruolo e della percezione della madre nel Buddhismo Tibetano, in particolare alla luce delle prospettive contemporanee e del crescente contributo delle donne alla tradizione spirituale.