Gli Otto Precetti Mahayana

Gli Otto Precetti Mahayana

Il Buddhismo, nelle sue diverse tradizioni e veicoli (yāna), considera la disciplina etica (śīla) come un pilastro fondamentale per lo sviluppo spirituale. Questa condotta virtuosa non è concepita come un mero insieme di regole moralistiche imposte dall’esterno, piuttosto come uno strumento essenziale per la purificazione della mente e il progresso nel cammino spirituale. I precetti agiscono come il terreno fertile su cui coltivare le realizzazioni spirituali, supportando e facilitando la pratica della meditazione (samādhi) e lo sviluppo della saggezza (prajñā). La loro osservanza contribuisce a calmare la mente e a prevenire le distrazioni, rendendo la meditazione più efficace e stabile il che, a sua volta, favorisce l’emergere della saggezza. Questo approccio sottolinea che la condotta etica non è un fine a sé stante, ma una strategia pragmatica per creare l’ambiente interiore ottimale per una profonda trasformazione spirituale.

Gli Otto Precetti Mahayana — in sanscrito aṣṭāṇga-śīla o aṣṭā-sīla e in tibetano thegchen sojong —  rappresentano un impegno etico più profondo e intensivo rispetto ai Cinque Precetti (Pañca-śīla), che costituiscono i voti laici fondamentali. Offrono ai praticanti laici l’opportunità di emulare la disciplina e lo stile di vita monastico per un periodo di tempo limitato, tipicamente 24 ore, fornendo loro un’esperienza diretta dei benefici di una condotta più rigorosa. 

Origini e terminologia fondamentale

Gli Otto Precetti, sono una lista di precetti morali osservati da monache e praticanti laici (upāsakas e upasikās) in giorni speciali di osservanza, storicamente chiamati uposatha (sanscrito: upavasatha, poṣadha, pauṣadha; Pali: uposatha, posaha).

Nel Buddhismo Tibetano, questi voti di un giorno sono specificamente chiamati thegchen sojong (theg chen bso sbyong). L’esistenza di termini sanscriti e tibetani distinti per lo stesso insieme di precetti sottolinea l’adattamento culturale e linguistico degli insegnamenti buddhisti durante la loro diffusione dall’India al Tibet, pur mantenendo il loro significato centrale. Il termine thegchen si riferisce esplicitamente al “Grande Veicolo” (Mahayana), evidenziando la motivazione altruistica che distingue questi precetti da altre forme di voti di un giorno e segnalando immediatamente il loro specifico contesto Mahayana.

Questi precetti si basano sui Cinque Precetti (pañca-śīla), che costituiscono il codice etico fondamentale per tutti i laici buddhisti: astenersi dall’uccidere, dal rubare, dalla condotta sessuale scorretta, dal mentire e dall’assumere intossicanti. Gli Otto espandono i Cinque, in particolare modificando il terzo precetto (da condotta sessuale scorretta a astinenza totale da ogni attività sessuale) aggiungendone altri tre.

Elenco dettagliato dei precetti

Come accennato, i precetti sono osservati per un periodo di 24 ore, tipicamente dall’alba fino all’alba del giorno successivo.

  1. Non uccidere esseri senzienti: significa astenersi dal togliere la vita a qualsiasi essere vivente, inclusi gli insetti. Questo precetto è una base fondamentale per la compassione universale (karuṇā) e la non-violenza (ahiṃsā). La sua osservanza porta a una vita più lunga, priva di malattie e, in ultima analisi, alla realizzazione del corpo vajra del Buddha.
  2. Non rubare: significa non prendere ciò che non è stato dato, inclusi beni di qualsiasi valore, anche il più piccolo. Ciò promuove il rispetto per la proprietà altrui e la generosità, portando a godimenti perfetti e inattaccabili in questa e nelle vite future.
  3. Non impegnarsi in attività sessuali: questo precetto estende la condotta sessuale scorretta dei Cinque Precetti all’astinenza totale da ogni attività sessuale, inclusa la masturbazione. L’obiettivo è ridurre l’attaccamento ai piaceri sensuali e conservare l’energia per la pratica spirituale, portando a rinascite nei reami superiori con un corpo bello e organi perfetti.
  4. Non mentire: significa astenersi dal dire il falso o ingannare gli altri, promuovendo la veridicità e l’integrità della parola. Questo porta a non essere ingannati in futuro e a essere creduti dagli altri.
  5. Non assumere intossicanti: vuol dire stenersi da alcol, droghe e tabacco, che portano a negligenza, offuscano la mente e riducono la consapevolezza, ostacolando la pratica meditativa. Questo precetto è cruciale per mantenere una mente chiara e stabile, essenziale per la concentrazione meditativa. La sua osservanza porta a una consapevolezza e una saggezza stabili e a sensi chiari.
  6. Non mangiare al momento sbagliato: implica non consumare cibo dopo mezzogiorno fino all’alba del giorno successivo. Questo precetto è inteso a controllare l’avidità e a facilitare la meditazione serale, poiché mangiare di notte può rendere difficile la pratica. Alcune interpretazioni permettono una colazione leggera prima o dopo i precetti e bevande leggere senza polpa o latte non diluito, mentre si sconsiglia il consumo di “cibi neri” come carne, uova, cipolle, aglio e ravanelli. Le restrizioni alimentari specifiche vanno oltre il semplice digiuno, servendo a minimizzare le distrazioni, ridurre la pesantezza corporea per la meditazione e frenare l’attaccamento ai piaceri sensoriali, allineandosi con l’obiettivo più ampio di sviluppare il distacco e supportare la concentrazione meditativa. L’osservanza di questo precetto porta a raccolti abbondanti e a ottenere cibo e bevande senza sforzo.
  7. Non sedersi su sedili e letti alti o lussuosi: evitare l’orgoglio, l’arroganza e l’attaccamento ai beni materiali, promuovendo la modestia, la semplicità e il distacco. La proibizione di sedili alti o lussuosi non è immediatamente intuitiva come precetto morale, ma il suo scopo è combattere l’orgoglio e l’arroganza, coltivare la contentezza e diminuire l’ego. Questo rivela una logica psicologica e spirituale più profonda al di là del mero comfort fisico, collegando la rinuncia materiale agli stati mentali. La sua osservanza porta a ricevere lodi e rispetto dagli altri e a disporre di letti e veicoli adeguati.
  8. Non indossare profumi, ghirlande e ornamenti, e non cantare, ballare o assistere a spettacoli: astenersi da intrattenimenti e abbellimenti personali che possono alimentare l’attaccamento, la vanità e la distrazione dalla pratica della consapevolezza. L’obiettivo è ridurre le distrazioni e l’attaccamento ai piaceri sensoriali, permettendo una maggiore concentrazione sulla pratica spirituale. La sua osservanza porta a un odore corporeo naturalmente gradevole, una forma e un colore migliori e molti segni propizi in futuro. L’astenersi dal canto e dalla danza porta a un corpo e una mente sottomessi e a un discorso che emana continuamente il suono del Dharma.

 La motivazione Mahayana: bodhicitta e comprensione del karma

La caratteristica distintiva degli Otto Precetti Mahayana è la motivazione che li sottende: la bodhicitta.2 La bodhicitta è l’intenzione altruistica di raggiungere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Questa motivazione trasforma la pratica da un percorso di liberazione individuale a un sentiero per il beneficio universale. Quando i precetti sono presi con questa profonda aspirazione, il loro valore diventa incommensurabile.

L’accumulazione di merito (puṇya) è immensamente amplificato quando i precetti sono osservati con la motivazione di bodhicitta, in particolare nei “giorni di moltiplicazione del merito” (Chotrul Duchen, giorni di luna piena e nuova, eclissi). Un passaggio dal Sutra del Re della Concentrazione citato da Lama Zopa Rinpoce illustra questa potenza: “Per dieci miliardi di eoni pari al numero di granelli di sabbia nell’Oceano Pacifico, se si offrono ombrelli, bandiere, ghirlande di offerte di luce, cibo e bevande con una mente calma, o si offre servizio a cento miliardi di volte dieci milioni di buddha, quando il sacro Dharma è estremamente perito e gli insegnamenti del Beato sono cessati, se qualcuno che gode (vive) in un voto per un giorno o una notte, questo merito è particolarmente più esaltato che aver fatto tutte quelle offerte”. Questo sottolinea la straordinaria efficacia di questa pratica etica, specialmente in tempi di degenerazione del Dharma.

La comprensione del karma è fondamentale per la pratica dei precetti. Il Buddha realizzò che tutta la sofferenza degli esseri senzienti deriva dal karma negativo accumulato in precedenza. Pertanto, insegnò pratiche specifiche per purificarlo e i precetti, in questo contesto, sono un metodo diretto per interrompere la creazione di nuove azioni negative e purificare quelle passate, portando a rinascite fortunate e proteggendo dalle sofferenze dei reami inferiori.

Purificazione e i Quattro poteri opponenti

L’osservanza degli Otto Precetti Mahayana è considerata una pratica di purificazione particolarmente potente. Per purificare il karma negativo, il Buddhismo insegna la pratica dei “Quattro poteri opponenti” (sgo bzhi’i rnam sbyong in tibetano):

  1. il potere del rimpianto: provare un sincero rimorso per le azioni non virtuose commesse in passato.
  2. il potere dell’affidamento: prendere rifugio nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha, e sviluppare bodhicitta.
  3. il potere dell’antidoto, o forza opponente: impegnarsi in azioni virtuose che contrastano il karma negativo.
  4. il potere della promessa, o della determinazione: promettere di non ripetere le azioni non virtuose.

La pratica degli Otto Precetti Mahayana enfatizza in modo specifico il “potere della determinazione”: se si riesce a mantenere le proprie azioni di corpo, parola e mente pure per un giorno, si può estendere questa pratica a due giorni, poi a tre, e così via, fino a mantenere una disciplina morale pura in ogni momento. Raggiungere il punto in cui si riesce a mantenere costantemente le proprie azioni di corpo, parola e mente completamente pure porta alla realizzazione della “Terra Pura” (Sukhāvatī) dentro di sé. Con un corpo e una mente puri, non c’è più alcuna base per sperimentare la sofferenza; al contrario, si sperimenta solo una felicità ininterrotta che scaturisce dall’interno.

Benefici specifici e distacco dal samsara

L’osservanza degli Otto Precetti Mahayana porta a numerosi benefici, sia in questa vita sia nelle vite future: una vita lunga, prosperità, un corpo sano e bello, rispetto dagli altri, saggezza, pace mentale e rinascite fortunate.

Oltre a questi benefici tangibili, i precetti hanno un ruolo cruciale nel coltivare il distacco dalle preoccupazioni mondane e dall’attaccamento al saṃsāra (l’esistenza ciclica). Le restrizioni su cibo, intrattenimento e lusso sono progettate per ridurre le distrazioni e l’attaccamento ai piaceri sensoriali, permettendo ai praticanti di concentrarsi maggiormente sulla meditazione e sullo sviluppo spirituale. Questo distacco progressivo (la rinuncia) dal saṃsāra supporta direttamente la concentrazione meditativa e, in ultima analisi, conduce al nirvāṇa e all’illuminazione.

Nel Buddhismo Tibetano, la trasmissione degli Otto Precetti Mahayana è un aspetto cruciale della loro pratica. Si ritiene fondamentale ricevere i precetti per la prima volta da un insegnante qualificato (guru) che detenga la trasmissione orale (lignaggio) della pratica. La persona da cui si ricevono i precetti per la prima volta diventa il proprio guru, stabilendo così una relazione di discepolo-guru. Se un insegnante qualificato non è disponibile o se lo studente non si sente pronto a stabilire una relazione di questo tipo con una persona specifica, è comunque permesso prendere i precetti davanti a un altare o a un’immagine del Buddha, immaginando di riceverli direttamente dal Buddha stesso. Successivamente, il praticante può rinnovare i voti autonomamente ogni volta che lo desidera.

Un aspetto distintivo degli Otto Precetti Mahayana nel Buddhismo tibetano è la loro origine dal lignaggio del Kriyā Tantra, piuttosto che dai voti Pratimokṣa o dal Vinaya. Questa distinzione è significativa.

Le tradizioni buddhiste tibetane riconoscono infatti tre livelli di codici etici o voti:

  1. Voti Pratimokṣa (Liberazione Individuale): Questi sono i voti fondamentali per laici e monastici, incentrati sull’abbandono delle azioni dannose di corpo e parola. L’obiettivo principale è la propria liberazione dal saṃsāra. Esistono diverse categorie di voti Pratimokṣa, inclusi i Cinque Precetti per i laici e un numero crescente di voti per novizi e monaci pienamente ordinati.
  2. Voti del Bodhisattva: Questi voti sono presi con la motivazione di bodhicitta, l’intenzione altruistica di raggiungere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri. Essi regolano non solo le attività fisiche e verbali, ma anche quelle mentali, enfatizzando l’abbandono dell’egocentrismo.
  3. Voti Tantrici: Questi sono i voti più stringenti, presi nel contesto delle iniziazioni tantriche, e mirano a superare le oscurazioni più sottili e a facilitare il raggiungimento rapido dell’illuminazione.

Mentre gli Otto Precetti Mahayana condividono somiglianze nel contenuto con alcuni voti Pratimokṣa di un giorno, la loro distinzione cruciale risiede nella motivazione. I voti Pratimokṣa di un giorno, infatti, sono presi con la motivazione di raggiungere la liberazione individuale, mentre gli Otto Precetti Mahayana sono presi con la motivazione di bodhicitta. Questa motivazione altruistica li allinea direttamente con il percorso Mahayana e, per estensione, con il contesto tantrico, poiché il Vajrayana è un sottoinsieme del Mahayana. La loro provenienza dal Tantra dell’Azione implica un quadro ritualistico e motivazionale specifico che supporta pratiche tantriche superiori, anche per i praticanti laici, fungendo da base per lo sviluppo spirituale avanzato.

Gestione delle trasgressioni

Nel Buddhismo tibetano, si riconosce che i praticanti possono occasionalmente trasgredire i precetti, sia intenzionalmente sia per negligenza. Se un precetto viene degenerato, è possibile purificarlo e ripristinarlo. Il metodo principale per fare ciò è recitare il Mantra della Pura Moralità tre volte. Questo mantra non solo purifica il karma negativo derivante dalla rottura dei voti, ma consente anche di mantenere i voti puri e di ricevere benedizioni dai buddha e dai bodhisattva.

La purificazione delle trasgressioni è anche concettualizzata attraverso i “quattro poteri opponenti” menzionati in precedenza: il rimpianto per l’azione, l’affidamento ai Tre Gioielli e alla bodhicitta, l’impegno in azioni virtuose che contrastano la non-virtù e la promessa di non ripetere l’errore. Questo approccio olistico alla purificazione sottolinea la natura trasformativa della pratica buddhista, che non si limita alla mera aderenza a regole, ma include la capacità di riparare e progredire anche dopo gli errori.

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