Śāstra: definizione, scopo e autori principali

Śāstra: definizione, scopo e autori principali

Il termine sanscrito śāstra è una parola dai molteplici significati che, in senso generale, significa “precetto, regole, manuale, compendio, libro o trattato”. 

La sua etimologia deriva dalla radice śās-, che denota “istruzione” o “decreto”. Nell’antica letteratura indiana, śāstra è comunemente utilizzato come suffisso per indicare una conoscenza tecnica o specializzata in un’area definita di pratica. Esempi includono bhautikaśāstra (fisica), rasaśāstra (chimica), jīvaśāstra (biologia), vāstuśāstra (scienza architettonica), śilpaśāstra (scienza delle arti meccaniche e della scultura), arthaśāstra (scienza della politica e dell’economia) e nītiśāstra (compendio di etica).

Inizialmente, nella letteratura vedica, il termine si riferiva a qualsiasi precetto, regola o istruzione rituale. Successivamente, dopo il 500 a.C. circa, si estese a qualsiasi trattato, libro o strumento di insegnamento su qualsiasi argomento, inclusi quelli religiosi. Le date esatte di composizione e l’autenticità dei manoscritti sono spesso incerte, con molteplici versioni dello stesso testo che presentano differenze significative.

Nel Buddhismo, un śāstra assume un significato più specifico e tecnico, riferendosi spesso a un commentario scritto in un’epoca successiva per spiegare una scrittura o un sūtra precedente. Questa specifica funzione è cruciale per chiarire e approfondire gli insegnamenti originali del Buddha. I śāstra buddhisti, infatti, non sono considerati parole dirette del Buddha (come i sūtra), piuttosto tesi od opere di studiosi che sono accettate dalla comunità a condizione che siano coerenti con i sūtra e offrono dettagli e spiegazioni approfondite. 

La trasformazione del significato di śāstra da termine generico per la conoscenza a genere letterario specifico per i commentari e i trattati filosofici nel Buddhismo rivela un’evoluzione significativa all’interno della tradizione buddhista stessa poiché indica la necessità di analizzare, interpretare, sistematizzare e difendere intellettualmente gli insegnamenti originali del Buddha. La comparsa di śāstra più lunghi e dettagliati, in contrasto con la natura spesso concisa dei sūtra, segna la maturazione di una complessa tradizione accademica. Tale sviluppo era essenziale per affrontare le sfide filosofiche emergenti, per elaborare la dottrina in modo più sistematico e per fornire una guida dettagliata per la pratica, garantendo al contempo la fedeltà agli insegnamenti primari del Buddha. La capacità di sviluppare un corpus di conoscenza così profondo e interconnesso attraverso i śāstra è stata fondamentale per la sopravvivenza e la diffusione del Buddhismo.

Nela tradizione tibetana, rivestono un ruolo centrale e strutturale all’interno del canone, suddiviso in due sezioni principali: il Kangyur (gli insegnamenti diretti del Buddha) e il Tengyur (i commentari e i trattati dei grandi maestri indiani). I Śāstra costituiscono infatti il corpus principale del Tengyur, evidenziando la loro importanza come base per lo studio e la comprensione dottrinale. Sono una componente indispensabile dell’educazione monastica tibetana (shedra), dove formano il nucleo dello studio filosofico e della pratica del dibattito.

L’Abhidharma, una categoria fondamentale di śāstra, è un esempio preminente di questa funzione. L’Abhidharma Pitaka, ad esempio, è una sistematizzazione degli insegnamenti del Buddha che presenta i fenomeni in modo chiaro e dettagliato, descrive come 28 fenomeni fisici e 52 fattori mentali co-esistono, manifestandosi come 89 tipi di coscienza, governati da 24 tipi di relazione causale. Il suo scopo è fornire una comprensione più affinata ed esaustiva di tutta l’esperienza fenomenica, analizzando e classificando i dharma (fenomeni) e le loro relazioni, considerandoli come “costituenti elementari, le realtà ultime dietro i fenomeni manifesti”. Le metodologie di sistematizzazione includono l’analisi, che scompone un fenomeno in parti componenti, e la sintesi o relazione, che mostra come queste parti non esistano indipendentemente ma dipendano da altri fattori. L’obiettivo di questa analisi è sradicare l’attaccamento ai fenomeni interni ed esterni, riconoscendo che sono composti e interdipendenti, privi di esistenza intrinseca. I commentari, una forma comune di śāstra, sono cruciali per colmare il divario tra testi complessi e le loro interpretazioni, arricchendo la comprensione complessiva delle diverse dottrine filosofiche.

I śāstra Madhyamaka, invece, si concentrano sulla meditazione sulla vacuità (śūnyatā), ovvero sulla comprensione che tutti i fenomeni sono “vuoti” di natura intrinseca o esistenza indipendente perché sorgono in modo dipendente. Questa comprensione mira a correggere la “superimposizione cognitiva” (samāropa) che gli esseri fanno sul mondo, portando a un “cambiamento cognitivo” o realizzazione.

L’Abhidharma, attraverso l’analisi dei fattori mentali, aiuta a distinguere tra stati mentali sani (kusala) e non sani (akusala), consentendo la creazione di cause per la felicità e il riconoscimento delle cause della sofferenza. La sua analisi delle esperienze meditative, come gli stati di jhāna, è cruciale per prevenire interpretazioni errate (ad esempio, concepire un sé eterno o una divinità) e per contrastare la brama, la falsa visione e la presunzione che possono sorgere durante la meditazione.22

Sviluppo filosofico e logico

Per i filosofi buddhisti indiani, gli insegnamenti di Gautama Buddha non dovevano essere accettati solo per fede, ma dovevano essere confermati tramite analisi logica e indagine (pramāṇa) del mondo. Alcuni pensatori buddhisti sostenevano che la riflessione razionale e l’analisi filosofica fossero pratiche centrali necessarie per l’ottenimento della visione profonda durante la meditazione.

La scuola di Dignāga (c. 480 – 540) e Dharmakīrti (VII secolo), nota come “scuola epistemologica” (Pramāṇa-vāda), ha fondato un sistema sofisticato di logica ed epistemologia buddhista, ampiamente influente nella filosofia indiana. Dignāga difese la validità di solo due pramāṇa (strumenti di conoscenza): percezione (pratyakṣa) e inferenza (anumāṇa), nella sua opera principale, il Pramāṇa-samuccaya. Dharmakīrti ha ulteriormente sviluppato questa teoria con il suo Pramāṇavārttika. Questi śāstra logici hanno giocato un ruolo cruciale nei dibattiti filosofici nell’India classica, influenzando sia scuole buddhiste che non buddhiste (come Nyāya e Vaiśeṣika) e contribuendo a standard più rigorosi di argomentazione e prova. 

Il dibattito monastico tibetano, che si basa su forme argomentative indiane, utilizza sillogismi e argomenti prasanga (conclusioni assurde) per sconfiggere le concezioni errate e sostenere una comprensione chiara della realtà. Il prasanga è particolarmente efficace per dimostrare la vacuità di vera esistenza, estrapolando conclusioni assurde dalle stesse asserzioni dell’opponente.

La duplice funzione dei śāstra – sia come strumenti di sistematizzazione intellettuale (come l’Abhidharma e il Pramāṇa) sia come guide dirette per la pratica meditativa (come il Madhyamaka e lo Yogācāra) – non è una semplice coesistenza, ma una profonda integrazione. La comprensione filosofica, ottenuta attraverso lo studio dei śāstra, non è fine a se stessa, ma è considerata un prerequisito e una parte integrante della pratica spirituale. La conoscenza delle dottrine è essenziale per lo sviluppo della visione profonda. L’analisi dettagliata della mente nell’Abhidharma fornisce una “mappa” concettuale per la meditazione vipassanā, aiutando a prevenire interpretazioni errate delle esperienze meditative. 

Allo stesso modo, gli argomenti logici rigorosi del Madhyamaka non sono solo esercizi intellettuali, ma sono progettati per indurre un “cambiamento cognitivo” che porta alla realizzazione della vacuità. In sintesi, i śāstra non sono solo testi accademici, ma strumenti viventi che permettono ai praticanti di tradurre la conoscenza teorica in esperienza diretta e trasformazione spirituale; sono un ponte indispensabile tra la comprensione concettuale e la realizzazione non concettuale, rendendo la pratica buddhista più efficace e meno soggetta a deviazioni.

Maestri Madhyamaka

Il Madhyamaka, o “Via di Mezzo”, è una delle scuole filosofiche più influenti del Buddhismo Mahayana, nota per la sua dottrina della vacuità (śūnyatā).

  • Nāgārjuna (c. 150 – c. 250 CE): Universalmente riconosciuto come il fondatore della scuola Madhyamaka. La sua opera più influente e fondamentale è la Mūlamadhyamakakārikā (“Versi Radice sulla Via di Mezzo”), conosciuta anche come Mādhyamika Kārikā o Madhyamika-śāstra. In questo testo, Nāgārjuna sviluppa la dottrina della “vacuità” attraverso argomenti di reductio ad absurdum (prasanga) per confutare l’esistenza intrinseca (svabhāva) di tutti i fenomeni, inclusi concetti come causalità, movimento e identità personale.
  • Āryadeva (III secolo CE): Discepolo di Nāgārjuna e figura chiave nella scuola Madhyamaka. A lui è attribuito il Śataka-śāstra (“Trattato in Cento Versi”).
  • Candrakīrti (c. 600 – c. 650 CE): Uno dei più importanti commentatori delle opere di Nāgārjuna e una fonte prominente per lo studio della filosofia Madhyamaka nel Buddhismo Tibetano. La sua opera più celebre è il Madhyamakāvatāra (“Entrare nella Via di Mezzo”), un commentario alla Mūlamadhyamakakārikā.
  • Shantideva (VIII secolo): Un eticista Mahayana chiave, autore del Bodhisattvacaryāvatāra (“L’ingresso nella condotta del Bodhisattva”), un testo fondamentale per coltivare la mente dell’illuminazione e generare qualità come amore, compassione, generosità e pazienza.

Maestri Yogācāra

Lo Yogācāra, o “Solo Mente”, è una scuola che enfatizza la natura della coscienza e la sua centralità nell’esperienza della realtà.

  • Asaṅga (IV secolo CE): Una delle figure spirituali più significative del Buddhismo Mahayana e considerato il fondatore della scuola Yogācāra. È noto per i suoi “Due Trattati Riassuntivi” e i “Cinque Testi di Maitreya”, che si dice gli siano stati dettati dal Bodhisattva Maitreya. Le sue opere chiave includono il Mahāyānasaṃgraha (“Compendio del Grande Veicolo”), un’esposizione sistematica dei principi Yogācāra, e l’Abhidharma-samuccaya, un riassunto delle dottrine Mahayana Abhidharma.
  • Vasubandhu (IV-V secolo CE): Fratello di Asaṅga, figura inestimabilmente importante nello sviluppo del Buddhismo Mahayana in India. Vasubandhu è reputato autore di mille opere, 500 nella tradizione Hinayana e 500 in quella Mahayana. La sua opera più famosa è l’Abhidharmakośa (“Tesoro dell’Abhidharma”), una sistematizzazione della dottrina Sarvāstivāda, scritta prima della sua conversione al Mahayana. Tra le sue opere Yogācāra si annoverano Vimśatikā (“Venti Versi”) e Trimśikā (“Trenta Versi”).

Maestri di Logica ed Epistemologia (Pramāṇa)

La scuola Pramāṇa si è concentrata sullo studio della conoscenza valida e del ragionamento.

  • Dignāga (c. 480 – 540 CE): Considerato il padre della logica buddhista e fondatore di una tradizione epistemologica (Pramāṇa-vāda) ampiamente influente nella filosofia indiana e tibetana. La sua opera principale è il Pramāṇa-samuccaya (“Compendio dei Mezzi di Conoscenza Valida”), in cui difende la validità di solo due pramāṇa: percezione (pratyakṣa) e inferenza (anumāṇa).
  • Dharmakīrti (VII secolo): Ha contribuito significativamente allo sviluppo e all’applicazione della teoria del pramāṇa buddhista. La sua opera Pramāṇavārttika (“Commentario sulla Cognizione Valida”) rimane un testo centrale sull’epistemologia in Tibet.

Altri autori

  • Buddhaghosa (V secolo CE): Un eminente studioso della tradizione Theravāda, autore del Visuddhimagga (“Sentiero della Purificazione”), un manuale di dottrina e pratica che è considerato la principale autorità non canonica del Theravāda.
  • Jamgön Kongtrül Lodro Thaye (1813–1899): Un maestro tibetano che ha scritto un eccezionale commentario al Mahayana Uttaratantra Shastra di Maitreya, intitolato The Unassailable Lion’s Roar.
  • Kamalashila: Un autore di commentari tibetani le cui interpretazioni approfondiscono la natura della conoscenza, le complessità della cognizione e gli argomenti filosofici.

La seguente tabella offre una panoramica sintetica degli autori e delle opere chiave:

AutoreScuola/Tradizione PrincipaleOpere Principali (Śāstra)
NāgārjunaMadhyamakaMūlamadhyamakakārikā
AsaṅgaYogācāraMahāyānasaṃgraha, Abhidharma-samuccaya, Cinque Testi di Maitreya
VasubandhuYogācāra, Abhidharma SarvāstivādaAbhidharmakośa, Vimśatikā, Trimśikā
DignāgaPramāṇa (Logica ed Epistemologia)Pramāṇa-samuccaya
DharmakīrtiPramāṇa (Logica ed Epistemologia)Pramāṇavārttika
CandrakīrtiMadhyamakaMadhyamakāvatāra
ShantidevaEtica MahayanaBodhisattvacaryāvatāra
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